di Carlo Pulsoni*
Il presente contributo è stato già pubblicato su Insula europea (http://www.insulaeuropea.eu/), dove è possibile anche scaricare l’intervista in lingua originale.
Lydia B. Smith lavora nell’industria cinematografica da oltre venticinque anni. Ha diretto, prodotto e scritto vari documentari, tra cui They’re Just Kids, su come i bambini disabili possono influenzare positivamente la nostra vita. Lydia Smith è stata Senior Producer della CNN Soldiers of Peace; A Children’s Crusade; Co-produttrice del documentario The Mystery of the Arctic Rose; Direttore della fotografica per Anthony Hopkins Teaches; e così via.
Giovedì 4 giugno uscirà nelle sale italiane il suo Sei vie per Santiago (Cineama). Si tratta di un film documentario pluripremiato oltreoceano. Il film segue da vicino un gruppo di persone di diversa età (dai 7 ai 73 anni), nazionalità, cultura e costumi,.che affrontano il viaggio, ognuno con le proprie ragioni, motivazioni e aspettative, dotati solo di uno zaino, un paio di stivali e, soprattutto, una mente libera e aperta. Si ripercorrono così le vicende delle seguenti persone:
- Annie da Los Angeles: ha intrapreso il Cammino per ragioni spirituali. Presto ha dovuto confrontarsi con la propria competitività innata, specialmente quando l’intensa fatica del Cammino si è fatta sentire.
- Jack e Wayne sono due pensionati canadesi. Wayne, 65 anni, è un uomo che cammina per rispettare ed onorare la memoria della propria moglie e Jack, 73 anni, è un prete episcopale che ha celebrato il funerale della moglie di Wayne. Jack ha sempre desiderato percorrere il Camino specialmente per l’amore e l’interesse che nutre per la storia. Wayne ama la natura e il senso del Cammino, un percorso che per lui rappresenta il normale passaggio dal passato verso il futuro.
- Misa è una studentessa di sport danese che si considera spirituale, ma non religiosa. Viaggia da sola per poter essere più in sintonia con se stessa, ma quando incontra William, l’unico altro pellegrino che può tenere il suo passo veloce, le sue intenzioni vengono messe da parte.
- Sam è una donna brasiliana sulla trentina alla disperata ricerca di forza per trasformare la sua vita. Sam ha lasciato a Rio de Janeiro tutti i suoi beni ed i suoi demoni interiori e ha preso un biglietto aereo di sola andata per la Spagna. Soffre di una forte depressione cronica, Sam ha preferito abbandonare ogni farmaco prescritto, confidando nella salvezza derivante dal Cammino, dalla sua maestosa natura e dalla sua capacità di far meditare per ritrovare l’equilibrio nella sua vita.
- Tomas, 30 anni, affascinante ed atletico, era incerto tra un’esperienza di kite – surfing lungo la costa o un’escursione lungo il Cammino. Ha scelto il Cammino perché è un’impresa molto più fisica. Abituato ad ottenere ciò che vuole, si ritrova ad affrontare la sua più grande sfida: sopportare un così forte e costante dolore fisico. Deve imparare a perseverare, ad insistere per completare il Camino, specialmente quando il dolore aumenta ad ogni singolo passo.
- Tatiana è una madre single francese di 26 anni che decide di affrontare il Cammino per la sua devozione a Dio. Viene accompagnata da Alexis, suo fratello ateo, e dal figlio di tre anni. Ha deciso di farsi accompagnare da suo fratello, soprattutto, per dividere la responsabilità del proprio bimbo. Presto il Cammino diventa una sfida per lei. Il suo tentativo di cercare e trovare un rapporto più ricco con Dio è messo alla prova dai continui litigi e discussioni che è costretta ad affrontare con suo fratello.
Trailer del film:
1. Quando hai pensato di girare un film sul Cammino di Santiago?
Per essere sincera devo dire che è stato il Cammino ad incoraggiarmi a girare un film su questa fantastica esperienza! Quando ho affrontato il Cammino nella primavera del 2008 non avevo alcuna intenzione di girare un film su di esso, ma quando i pellegrini incontrati scoprivano qual era il mio lavoro, mi spingevano a girare e a raccontare il mio viaggio. Ero molto combattuta all’idea; io sono una regista indipendente e il mio ultimo documentario risaliva a dieci anni prima, esperienza che non avrei mai voluto ripetere poiché troppo impegnativa! L’altro mio timore era che il Cammino è talmente sacro e magico per me che ero spaventata dal non rendergli giustizia. Per tutto il viaggio ho continuato a rifiutare questa idea, ma una volta tornata a casa non potevo più non pensarci!
C’era questa piccola ma insidiosa voce dentro di me che continuava ad esortarmi e spingermi a fare un lavoro sul Cammino. Quando riguardavo la mia vita e le mie precedenti esperienze, mi rendevo conto di avere tutte le competenze e capacità per girare questo documentario.
Come molte persone sono chiamate ad affrontare il Cammino, io sentivo di essere chiamata per svolgere questo lavoro. Così dopo molti mesi e diverse riflessioni, ho deciso di lasciarmi andare e d’iniziare il lavoro sul film. Ho sempre saputo di dover girare questo documentario come se fosse il Cammino stesso a doversi mostrare. L’obiettivo, quindi, non era mostrare il mio punto di vista, ma condividere ogni esperienza comune con tutte le persone che affrontano il Cammino, proprio come succede durante il pellegrinaggio. Volevo girare un film che, guardandolo, rendesse partecipi gli stessi spettatori, come se fossero stati loro stessi pellegrini in viaggio.
2.Ci sono molti film sul Cammino di Santiago e probabilmente la Via Lattea di Luis Brunel è il più famoso. Quali sono stati i film che ti hanno ispirata?
Prima di decidere di girare il documentario, non ho visto alcun film sul Cammino. Il film che m’impressionò di più ed ebbe maggior influenza su di me è stato The March of the Penguins (“La marcia dei pinguini”). Una volta tornata, l’ho visto più volte e ne ho discusso enormemente con il mio direttore della fotografia, Pedro Valenzuela. Ogni anno, centinaia di pinguini affrontano, per diversi chilometri, una sorta di pellegrinaggio per dare alla luce altre vite. Sono rimasta folgorata dalla fotografia del film e da come questa rendeva incredibilmente meravigliosi ed interessanti i panorami da sembrare quasi reali e come se fossero loro i personaggi principali: hanno usato diversi e più scatti rendendo, quindi, i pinguini molto piccoli nell’immagine. Io e Pedro usavamo il termine “Dammi un pinguino!” per dire di riprendere il pellegrino in lontananza. Molto spesso la gente mi dice, dopo aver visto il film, che gli è sembrato di essere in Spagna ed era proprio questo il motivo di tale scelta!
3.Quali sono i personaggi principali del film e come li hai scelti?
Quando ho deciso di girare un film sul Cammino, ho sentito fin da subito di voler rendere il Cammino uno dei personaggi principali. Così tutta la gente che vedete nel film, tranne Anne O’Neil, sono tutte persone incontrate durante il percorso del Cammino a cui ho chiesto di poter partecipare al film.
Ho conosciuto Annie prima dell’inizio dei lavori al film e quando le ho parlato dell’idea di fare un film sul Cammino si è dimostrata subito entusiasta e mi ha detto: “Voglio esserci, voglio camminare!”.
Ripensandoci ora, era molto importante durante il lavoro avere almeno una persona che conoscevo perfettamente e di cui potevo fidarmi al 100% soprattutto per le sue emozioni, non qualcuno, quindi, a cui dover spiegare come muoversi durante il film.
Il resto dei pellegrini ha continuato a camminare nonostante le nostre telecamere ed era chiaro che era il Cammino a darci le indicazioni per seguirli. Filmammo in realtà quindici pellegrini (persone da sole, in coppia, o piccoli gruppi) e durante il montaggio finale dovetti ridurli a sei per non fare un documentario di svariate ore!
Ero convinta di filmare diversi pellegrini, la perfetta immagine di ciò che incontri quando affronti il Cammino, gente di luoghi, culture ed età diverse, spinte da ragioni diverse ma tutte, comunque, unite da un forte desiderio, sia esso spirituale/religioso, ateo o agnostico.
4.Qual è il pubblico di riferimento del film in Italia e quali pensi che siano le differenze con il pubblico americano?
In America, il Cammino non è molto conosciuto come qui in Europa e non ci sono così tanti pellegrini. Durante le proiezioni in America, solo un 15-20% della gente che veniva a vedere il film aveva già affrontato il Cammino, mentre un 50% del pubblico voleva informarsi e aveva intenzione di svolgere questa magnifica esperienza. Credo che in Italia, ci saranno molti più pellegrini che vedranno il film. Sono molto eccitata dall’idea poiché molte parti del film parlano direttamente ai pellegrini o alla gente che ha camminato; questo film è stato girato appunto per loro, in modo che, quando tornano a casa, possano dire ai loro amici o familiari: questo è quello che ho vissuto, le persone non sono le stesse del film, ma quasi. Il mio pubblico di riferimento, infatti, sono pellegrini con esperienza e sono davvero felice di presentare il film in Italia dove ci sono molti veterani del Cammino.
(traduzione di Francesco Notarangelo)
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*Carlo Pulsoni insegna Filologia romanza presso l’Università degli Studi di Perugia. Si è occupato di lirica romanza delle origini, di Petrarca e della sua fortuna in Europa, del rapporto tra falsi letterari e politica nella penisola iberica del XVI-XVII secolo, e di editoria del Novecento. Coordina il sito culturale www.insulaeuropea.eu.
articolo molto interessante, suggestive le due foto, danno l’idea dello spazio che si cerca in se stessi tramite il cammino…
mi piacerebbe farlo ma se non ce la fanno i giovani figuriamoci io